Stipsi e Sindrome da Ostruita Defecazione
La sindrome da ostruita defecazione (SOD) rappresenta una realtà nosologica solo recentemente definita nell’ambito del più ampio capitolo della stipsi. Sono pazienti, nella grande maggioranza donne, che presentano stitichezza grave da lungo tempo e spesso “autogestita” con l’impiego di lassativi e che si rivolgono allo specialista per l’aggravarsi della malattia che le incatena letteralmente in bagno. Sono infatti necessarie ripetute sedute giornaliere nel tentativo di defecare, spesso associate all’assunzione di posture sul water ritenute facilitanti od a manovre di spremitura, massaggio perineale, digitazione attraverso la vagina, esecuzione di clisteri o vera e propria estrazione manuale delle feci. Le pazienti trascorrono lunghi periodi della giornata impegnate in queste pratiche, spesso infruttuose e ritualizzate. Gli sforzi defecatori sono frustranti e determinano la sensazione di ostacolo endorettale alla espulsione delle feci.
La raccolta anamnestica durante la visita appare di fondamentale importanza e permette di quantificare la gravità di malattia attribuendo un punteggio specifico a ciascun sintomo riferito mediante la compilazione di un questionario (Altomare). L’indagine rettoscopica evidenzia un prolasso mucoso interno (cosiddetta intussuscezione) e la presenza di rettocele (protrusione della parete anteriore del retto sulla parete posteriore della vagina).
Questo rende ragione della sintomatologia riferita dalle pazienti: durante lo sforzo per defecare (ponzamento), il retto si infila letteralmente dentro se stesso riducendo il calibro utile alla progressione delle feci che non potendo venire espulse tendono a ristagnare nell’ampolla e particolarmente nel rettocele.
Molte ipotesi eziologiche sono state postulate, ma le cause della malattia non sono ancora del tutto chiarite. La genesi è probabilmente multifattoriale e riconosce cause neurologiche (trazioni nervose durante gravidanza e parto), difetti del trofismo muscolare dei muscoli del pavimento pelvico, ma spesso non prescinde da aspetti psichici.
Per ottimizzare le scelte terapeutiche, volte al miglioramento degli aspetti sintomatologici, è necessario un adeguato inquadramento diagnostico di tipo specialistico. Posto il sospetto clinico di SOD ed attribuito un punteggio di gravità, la paziente dovrà essere sottoposta ad indagine cine-defeco grafica dinamica (od RMN). La registrazione dell’atto defecatorio consente di confermare la diagnosi, dimostrare il ristagno postdefecatorio in ampolla, chiarirne letteralmente al millimetro la natura ed evidenziare situazioni concomitanti tipo enterocele, difetti della continenza.
Quale trattamento della sindrome da ostruita defecazione? In oltre l’80% delle pazienti la terapia consiste in provvedimenti dietetico/comportamentali (“counseling”) associati all’impiego di lassativi . Lo studio manometrico-reflessologico è esame complementare al fine di chiarire le alterazioni funzionali (quali la diminuzione della sensibilità ampollare, la incordinazione motoria retto-anale, lo spasmo del muscolo pubo-rettale) che possono identificare un sottogruppo di pazienti nelle quali è indicato il trattamento riabilitativo mediante biofeedback, come pure prevederne i risultati.
L’intervento chirurgico è indicato in meno del 10% delle pazienti con SOD. Obiettivo della chirurgia è la correzione anatomica del prolasso rettale interno e del rettocele (anteriore e posteriore). Questo si ottiene attraverso la metodica STARR (Stapled Transanal Rectal Resection) che consiste nella resezione della parete del retto attraverso una doppia applicazione di suturatrice meccanica circolare per via trans-anale. Si tratta di una procedura ideata e proposta da Longo, standardizzata sotto il profilo tecnico, sicura se eseguita in centri specializzati e con una percentuale di successo che supera il 70% a lungo termine. L’intervento si esegue in anestesia epidurale e la paziente viene dimessa il giorno successivo all’intervento.
Se il prolasso interno è associato alla presenza di enterocele funzionalmente significativo, cioè nei casi in cui le anse intestinali scivolano internamente sulla parete rettale che ne viene schiacciata, può rendersi necessaria la correzione della eccessiva profondità dello scavo di Douglas con approccio sincrono o sequenziale laparoscopico/laparotomico. Quando le dimensioni del prolasso risultino rilevanti e la correzione ottenibile mediante STARR appaia insufficiente, può essere indicato l’intervento di Trans-STARR., mediante il quale è possibile asportare una maggiore quantità di parete rettale impiegando ripetute applicazioni di una suturatrice semilunare specificamente sviluppata (Contour ® Ethicon).