Proctologia Genova

Dott. Tommaso Testa

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Fistole ed ascessi

Si tratta di una patologia di frequente riscontro (incidenza 3500 casi su 100.000), con una distribuzione prevalente nel sesso maschile (3:1) e massima incidenza tra i 20 ed i 40 anni.

L’ascesso anale, che più correttamente andrebbe definito perianale, origina da un processo infettivo a carico delle ghiandole anali localizzate nel piano intersfinterico e con sbocco all’altezza della  linea dentata. Ne sono generalmente responsabili i germi comuni fecali.  Il meccanismo con cui batteri normalmente presenti ed innocui assumano capacità infettante non è nota. Solo in circa 2-5% dei casi gli ascessi sono manifestazioni perianali di malattie sistemiche (AIDS, tubercolosi), emoproliferative (pancitopenia), o localizzazioni di enterite regionale di Crohn o di neoplasie rettali.

All’esordio il paziente presenta solitamente una tumefazione dolente ed arrossata in prossimità del margine anale. Il dolore aumenta con la defecazione che talvolta ne risulta impedita così come la posizione seduta. La febbre è frequente e può essere alta. Solo di rado, per ritardo nella diagnosi oppure nelle forme iperacute in pazienti diabetici od immunodepressi, il paziente si presenta con quadro settico conclamato e grave scadimento delle condizioni generali. Il processo ascessuale può spontaneamente aprirsi e drenarsi sulla cute del perineo o svuotarsi all’interno dell’ano oppure estendersi, se non trattato tempestivamente, nei vicini spazi ischiorettali e pelvirettali o determinare grave compromissione dei tessuti del perineo fino alla vera e propria gangrena. (Fournier).

La diagnosi clinica specialistica non è in genere difficile anche se gli ascessi perianali vanno distinti da infezioni delle ghiandole di Bartolini, idrosadeniti, cisti pilonidali suppurate o trombosi emorroidarie. Nei casi in cui l’infezione si estende verso l’alto e lateralmente può invece risultare più difficile, senza l’ausilio della TC o della RMN.

Il trattamento degli ascessi anali è solitamente chirurgico e consiste nel consentire un adeguato drenaggio del materiale purulento, quando ciò non sia avvenuto spontaneamente.  La guarigione con la somministrazione di antibiotici è improbabile.  Probabilmente  gli antibiotici possono solo ritardare l’intervento chirurgico.

L’incisione ed il drenaggio dell’ascesso vengono in genere eseguiti in urgenza da chirurghi non di ambito specialistico proctologico. Quando invece ciò si realizzi è possibile il trattamento consensuale del tramite fistoloso sempre che ne sia evidente (od evidenziabile anche grazie all’ecografia transrettale) l’orifizio interno.

Nella grande maggioranza dei casi (oltre 85% dei casi), infatti, all’ascesso perianale fa seguito la formazione di una fistola anale, cioè di un tragitto patologico tra l’interno del canale anale (orifizio interno) e la cute perineale dove si sia aperto o dove sia stata eseguita l’incisione chirurgica (orifizio esterno).

La fistola anale rappresenta la fase di cronicità dell’evento infettivo. Dall’orifizio esterno il paziente lamenterà il costante gemizio di pus, intervallato da nuovi episodi di ascessualizzazione. La chirurgia ha lo scopo di eliminare la fistola, mediante semplice taglio (fistulotomia), attraverso la asportazione in blocco del tragitto (fistulectomia) oppure mediante la obliterazione dello stesso. Nel determinare la strategia terapeutica appare fondamentale lo studio  del tragitto fistoloso ed in particolare i rapporti che esso contrae con l’apparato sfinteriale. La categorizzazione della fistola (sottomucosa, intersfinterica, transfinterica e sovrasfinterica) consentirà di ottimizzare l’intervento e consentire un trattamento adeguato risparmiando la funzione sfinteriale  evitando l’incontinenza. L’esame clinico del paziente consente in genere di distinguere le più frequenti fistole intersfinteriche (che decorrono tra lo sfintere liscio e quello striato e rappresentano quasi il 70% del totale), le fistole trans-sfinteriche che attraversano una porzione più o meno ampia dei due sfinteri ed infine le fistole sovra-sfinteriche nelle quali è compreso l’intero blocco sfinteriale. Le fistole cosiddette anteriori (con orifizio fistoloso esterno nella metà anteriore della circonferenza anale verso scroto o grandi labbra) hanno in genere decorso rettilineo mentre quelle posteriori presentano direzione curvilinea verso l’estremità posteriore (legge di Goodsall-Salmon).

Lo specialista avrà anche il compito, durante la visita, di identificare cosiddetti casi “complessi” nei quali è indipensabile eseguire preoperatoriamente un approfondimento diagnostico  con ultrasonografia transrettale e più di recente con la risonanza magnetica. 

La chirurgia delle fistole anali è certamente di ambito specialistico in quanto presenta aspetti tecnici e scelte decisionali “difficili” , Inoltre la incidenza di recidive è tuttaltro che trascurabile (3-30%!). Anche se nella maggior parte dei casi (oltre 90%) le fistole anali sono intersfinteriche e/o transfinteriche inferiori e pertanto suscettibili di fistulotomia o fistulectomia in regime di ricovero giornaliero. In esse infatti la asportazione della fistola ed il conseguente sacrificio di tessuto nobile sfinteriale non determinerà difetti di continenza, mentre nei restanti casi si renderanno necessari approcci più complessi. Potrà infatti essere preferibile ricorrere alla sezione differita con cosiddetto “setone” (attualmente sostituito da silastic), a tecniche ricostruttive con costruzione di flaps (lembi) interni, a colle biologiche o plugs, come pure approcci intersfinterici (Pescatori, LIFT) o mediante ausilio videoscopico (VAAFT). Tra i differenti approcci, la scelta definitiva sarà spesso presa intraoperatoriamente.

Nel decorso postoperatorio il paziente potrà aver bisogno di essere seguito ambulatorialmente anche per periodi di tempo non trascurabili al fine di garantire la completa guarigione.